foto: Dorgu e Baschirotto, LE-VRph: Coribello/SalentoSport
LECCE – Il solo ‘Dorgol’ non può bastare per risolvere i problemi offensivi dei giallorossi
Vent’anni compiuti solo cinque giorni fa, due gol già a referto, la metà di quanti ne ha realizzati in totale il Lecce sinora. Patrick Dorgu si sta confermando come uno dei migliori prospetti non solo del Lecce, ma di tutta la Serie A.
Un avvio di stagione più che convincente per il tuttofare giallorosso, pescato da Pantaleo Corvino nelle giovanili del Nordsjaelland, fatto crescere, partita dopo partita, nella Primavera giallorossa e lanciato in Serie A già nella scorsa stagione con Roberto D’Aversa, prima come alter ego di Antonino Gallo da terzino sinistro, poi reinventato esterno di centrocampo ed esterno alto da Luca Gotti. La ciliegina sulla torta di quest’autunno in modalità “on fire”, per Dorgu, è stato l’esordio in nazionale maggiore danese bagnato anche da un gol alla Svizzera. Un periodo da incorniciare per il canterano giallorosso, ormai utilizzato da Gotti come jolly a tutto campo: terzino destro, sinistro, esterno alto a destra o a sinistra, Dorgu sta facendo passi da gigante e rappresenta – è innegabile – la prossima e corposa fonte d’introito per le casse di via Costadura.
Detto questo, restano i problemi di scarsa confidenza con la porta avversaria. Con la decima giornata di Serie A ancora in corso, il Lecce è desolatamente ultimo nella classifica dei gol realizzati (quattro: oltre ai due già citati di Dorgu, ve ne sono altrettanti realizzati da Nikola Krstovic). In totale sei, se si aggiungono le due partite di Coppa Italia. Sei gol in 12 partite ufficiali fanno mezzo gol a partita. Ciò non basta, non può bastare ad una squadra che deve capitalizzare al meglio le poche azioni da gol prodotte per cercare di mettere in saccoccia quanti più punti possibili per tirarsi fuori dai bassifondi della classifica.
Anche contro il Verona ci sono stati dei deja-vù: Lameck Banda (al netto dell’assist per il gol di Dorgu) che lascia sul posto il diretto avversario ma poi s’incaponisce a tirare in porta quando non vi sono grosse prospettive di segnatura; idem Krstovic, che, appena vede un pallone vagante va in tilt agonistico, cercando il tiro senza se e senza ma, da qualsiasi distanza, posizione e situazione, anche togliendolo ad un compagno meglio piazzato di lui. E non ci sono nemmeno minimi segnali di lievi progressi o miglioramenti in entrambi i casi.
D’altronde, con l’organico ridotto all’osso, soprattutto in attacco, Gotti non è che abbia grosse alternative, vista ancora l’evanescenza di Santiago Pierotti e di Tete Morente e le condizioni fisiche ancora non perfette di Ante Rebic e Nicola Krstovic. Gli ultimi due va sottolineato che non sono dei giovanotti, essendo, rispettivamente, un classe 1993 e un classe 1991.
Le residue alternative in attacco, sinora, non sono state utilizzate: Luis Hasa, dopo esser arrivato in rosa a campionato già iniziato e aver collezionato solamente quattro panchine, lavora a parte per un problema fisico (affaticamento muscolare) da due settimane; idem Rares Burnete, che dovrebbe essere, a tutti gli effetti, il perfetto alter ego di Krstovic: il bomber ex Primavera è a parte da inizio ottobre, anche lui per un generico affaticamento. Non si sa quando entrambi torneranno ad essere disponibili per una convocazione. Certo è che se a ottobre due ragazzi del 2004 sono già ai box per affaticamento muscolare, qualcosa da rivedere forse c’è. Aspettando anche di vedere all’opera Filip Marchwinski, chissà quando.